Benefici dell’esercizio fisico per i malati di Parkinson

Il morbo di Parkinson è una delle malattie cronico degenerative ahimé più celebri dello scorso millennio. Tra questa tipologia di malattie è anche quella con il tasso di prevalenza più alta specialmente nella popolazione anziana; mentre il Parkinson giovanile è sicuramente più raro e meno prevalente nella popolazione, con un tasso di incidenza anche più basso.

La malattia di Parkinson sovente definita come morbo di Parkinson, o con il meno comune sindrome ipocinetica rigida o paralisi agitante è una malattia neurodegenerativa. I sintomi motori tipici della condizione sono il risultato della morte delle cellule che sintetizzano e rilasciano la dopamina.

I benefici dell’esercizio fisico sul funzionamento cognitivo sono stati riportati in letteratura, ma i benefici potenziali per rallentare l’eventuale declino del funzionamento esecutivo causato dalla neurodegenerazione dalla malattia di Parkinson sono stati raramente studiati. Quindi l’obiettivo di questo studio era di analizzare gli effetti di un programma di allenamento fisico multimodale sul funzionamento esecutivo nelle persone anziane con malattia di Parkinson.

Le funzioni esecutive (definite collettivamente funzionamento esecutivo e controllo cognitivo) sono un insieme di processi cognitivi necessari per il controllo cognitivo del comportamento: selezionare e monitorare con successo i comportamenti che facilitano il raggiungimento degli obiettivi scelti ( muoversi, parlare o obbiettivi più complessi ).

L’EF delle persone anziane è stato valutato mediante test neuropsicologici e per variabili confondenti ( cioé è stata prestata attenzione a delle variabili che avrebbero potuto dare dei risultati deviati ) come l’attenzione, i sintomi depressivi e l’ansia, prima e dopo l’intervento. Infatti queste tipologie di caratteristiche o disordini, vanno a modificare il funzionamento esecutivo. I 20 partecipanti sono stati assegnati ai gruppi Control (CG) e Trained (TG). Il TG ha partecipato a un allenamento fisico generalizzato per 6 mesi. L’ANOVA ( un metodo di analisi dei dati ) ha mostrato un’interazione significativa che indicava un contributo positivo dell’allenamento sull’EF. Non sono state rilevate interazioni significative nei risultati relativi a variabili di confondimento tra gruppi e pre- e post-intervento, che supportano i risultati positivi dell’esercizio di allenamento fisico su EF; ciò vuol dire che quegli elementi di disturbo non hanno inficiato la buona riuscita dell’esperimento.
Lo studio ha visto 20 partecipanti in età avanzata venire assegnati a due gruppi: uno di controllo e uno di intervento. Questa tipologia di indagine, ricordiamo, è molto simile a quella dei clinical trials in campo medico, in cui i pazienti vengono esposti ad una variabile indipendente ( il farmaco ) di cui si vuole tracciare l’influenza su determinati parametri di outcome ( Es. Valori di LDL nel sangue ). I gruppi sono stati seguiti per sei mesi, che si tratta di una durata di tutto rispetto anche se il numero dei partecipanti è piuttosto esiguo.
Per misurare le funzioni esecutive è stato utilizzato il Wisconsin Card Sorting Test (WCST), che si tratta di un test di sorting ( mettere in ordine ) che viene spesso utilizzato in questi casi; altri test sono stati utilizzati per tenere conto delle cosiddette “confounding variables”, ma questo è oltre lo scopo di questo articolo.
Sta di fatto, che le misurazioni e le indagini degli autori hanno osservato come l’esercizio fisico avesse delle implicazioni positive per quanto riguarda le funzioni esecutive dei malati di Parkinson. Sebbene da solo questo studio non faccia molto, così come la maggior parte degli studi a parte rare eccezioni, è possibile sicuramente tenere in considerazione questi risultati per future indagini.

Non è una novità che l’esercizio fisico sia protettivo per quanto riguarda la maggior parte delle patologie cronico degenerative, ma l’indagine per quanto riguarda gli effetti dell’attività fisica una volta che queste patologie sono insorte è piuttosto ridotta. Insomma, trattandosi di un articolo del 2009, e piuttosto pioneeristico per quanto riguarda questo tipo di patologia, abbiamo voluto includerlo nelle varie trattazioni.

Tra le varie considerazioni da fare c’è sicuramente l’idea di ripetere l’esperiemento magari con un campione di persone più ampio. Discriminare questo studio per genere sarebbe un’altra modalità di miglioramento dell’indagine e offrirebbe ancora maggiori insights per quanto riguarda questo tipo patologia e la sua interazione con l’attività fisica.

Referenze

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19006643

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