La demenza senile è una delle piaghe peggiori che ci sembrano inevitabili con l’arrivo dell’età avanzata. L’articolo che commentiamo oggi riguarda proprio delle strategie e lifestyle changing practices che possono essere messe in atto, e come queste vanno ad impattare sull’insorgenza se sull’entità di questo tipo di criticità.
La demenza rappresenta un grave problema di salute nelle società che invecchiano. Oltre alla terapia ormonale sostitutiva e agli anti-ipertensivi e ai farmaci antinfiammatori non steroidei, sono state esplorate poche strategie preventive per la demenza e la sua causa principale, la malattia di Alzheimer. Comparativamente poca attenzione è stata prestata all’identificazione di fattori ambientali modificabili come la dieta e le abitudini di vita, inclusa la forma fisica che potessero aiutare nell’insorgenza di questo tipo di patologia.
L’attività fisica ha benefici noti per diversi disturbi cronici, compresa la malattia coronarica, ictus, diabete mellito e osteoporosi. Anche se la sua influenza sulla mortalità precoce tra i giovani e gli anziani è anch’essa ben stabilita, l’evidenza che l’attività fisica può ritardare la perdita cognitiva è più equivoca. In contesti clinici, effetti benefici degli interventi di fitness sulla memoria e altri aspetti della cognizione sono stati documentati negli anziani, anche se in modo non coerente.
Molti di quelli che leggeranno questo articolo hanno avuto parenti, probabilmente, affetti da demenza senile; si tratta di una patologia che colpisce molto di frequente le persone anziane e che nell’immaginario collettivo è annoverata nel filone dell’ “anzianità”; insomma, è diventato di comune accetazione che la vecchiaia sia accompagnata da acciacchi e morbidità. Questo paradigma andrebbe sicuramente rivisto e modificato dal momento in cui si inserisce un fattore inaspettato, ma che tutti noi conosciamo: l’attività fisica.
Lo studio ha seguito un numero impressionante di individui, collocandosi forse tra quelli che hanno seguito più persone in assoluto ( oltre 3000 ), per un periodo di tempo importante, di circa cinque anni.
La ricerca ci suggerisce diversi trend per quanto riguarda l’azione protettiva dell’attività fisica che si rivela piuttosto importante nel prevenire il rischio di: Alzhaimer, difetto cognitivo e demenzia di qualunque tipo. Per precisione citiamo testualmente i dati più importanti:
” High levels of physical activity were associated with reduced risks of cognitive impairment (age-, sex-, and education-adjusted odds ratio, 0.58; 95% confidence interval, 0.41-0.83), Alzheimer disease (odds ratio, 0.50; 95% confidence interval, 0.28-0.90), and dementia of any type (odds ratio, 0.63; 95% confidence interval, 0.40-0.98). “
In sostanza ci stanno spiegando come l’azione protettiva dell’attività fisica riduca il rischio di determinate malattie di valori anche importanti ( 58% – 50% – 63% ). Questo studio è stato scelto per vari motivi. Dal momento che precedenti studi erano stati effettuati prima, stesso gli autori espongono come l’argomento era discordante, di poca affidabilità ( insomma, gli studi effettuati in maniera retrospettiva non hanno una forte potenza empirica ) e non erano stati ancora replicati.
Il lavoro di cui stiamo parlando invece si è collocato, in quegli anni, proprio come una pietra miliare per quel preciso argomento, dimostrando una volta per tutte che l’attività fisica porta dei benefici non indifferenti alle persone anziane anche praticata in età avanzata. Sarebbe sicuramente interessante sapere invece l’impatto dell’attività fisica praticata per tutta la vita su questi indici di morbidità. Lasciamo però la parola su questo a future e più entusiasmanti ricerche.
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